IL
DOJO
La Scuola non ha fini di lucro o di violenza; chiunque, a luogo e tempo indeterminato, ne facesse gioco o uso errato, verrebbe severamente punito a tutti i livelli, da ciò che lui stesso o il Maestro per lui, ha liberato in se.
Chiunque fa parte di questa Scuola, è sicuramente degno di portare la cintura del chimono, è cosa grave quindi se il Maestro la fa smettere, a chi, sebbene momentaneamente, ha perso la giusta strada.
Il Maestro non insegna lo Zen, ma aiuta i suoi allievi a trovarne la via, è quindi grande offesa al Maestro e alla Scuola stessa, quando l'allievo, nell'ipocrisia dice quello che vuole pensare anzichè quello che sente serenamente, giacchè pensare è volere e niente di ciò che si vuole in questo modo, appartiene alla via dello Zen, soltanto l'umiltà e il non considerare, sono le doti principali di chi, in questa Scuola, si uccide per essere assolutamente vivo.
In questa luce, il Maestro ha potenzialmente nelle sue mani, la paura, l'istinto e la vita dei suoi allievi, della quale egli può disporre a suo giudizio, per questo è necessaria da parte di questi, una fiducia illimitata nel loro Maestro, affinchè essi possano dare se stessi ad ogni costo e quindi respirare sereni nella non comprensione, senza essere spinti continuamente a misurare tutto ciò che succede loro intorno.
E' buona regola quindi, non meravigliarsi se il Maestro o la Scuola appaiono a volte incomprensibili, essi devono portare gli allievi ad aprire una porta che non esiste, eppure questa è.